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Archivio articoli
LIMITI AI POTERI INTEGRATIVI DEL TRIBUNALE DEL RIESAME AL SEQUESTRO PENALE
Il principio cardine del sistema di garanzie di cui dispone il tribunale del riesame pone come primo punto il fatto che, quanto alle ordinanze applicative di misure cautelari reali – sequestro conservativo penale e sequestro preventivo penale – il ricorso per cassazione è ammesso solamente per violazione di legge, con ciò da intendersi riguardo a ordinanza viziate da inesistenza o mera apparenza.
Posto questo perimetro, il provvedimento di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) può essere emesso su richiesta sia del pubblico ministero sia della parte civile, tutte le volte in cui vi siano fondate ragioni di ritenere che una qualsiasi somma dovuta all’erario dello Stato diventi inesigibile o che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti da un reato (art. 321 c.p.p.). Una volta avanzata tale richiesta da parte della Procura, atto ha come finalità la confisca ai sensi della variegata prospettazione dell’articolo 240 del codice penale, essa deve necessariamente contenere la concisa motivazione del rischio che, pendendo la tempistica del procedimento in corso, corre la pretesa pubblica e/o privata di vedere cadere nel nulla quanto è dovuto. Tale considerazione va rapportata alle ragioni poste alla base di quella che, a tutti gli effetti, è un’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca, rispetto alla definizione del giudizio, fermo restando che nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituiscano reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege.
Al di là di connaturate ragioni poste a presidio delle garanzie nel procedimento, la motivazione di cui sopra è necessaria anche nell’ottica del rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, proprio con specifico riferimento alle misure cautelari reali, e in consonanza con i principi della giurisprudenza sovranazionale, va rimarcata al fine di evitare il rischio di un’eccessiva compressione del diritto di proprietà e della libera iniziativa economica privata.
Peraltro, nel procedimento di riesame avverso un provvedimento di sequestro, le disposizioni di cui alla L 47/15 che ha modificato il comma 9 dell’art. 309 del codice di rito, attinenti al potere di annullamento posto in capo al tribunale, sono applicabili – giusta il rinvio all’articolo 324, VII° dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura restrittiva reale; ciò va inteso nel senso che il tribunale del riesame deve annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca ovvero non contiene un’autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento.
Da ciò discende che, in sede di riesame, il tribunale non ha il potere di integrazione nei casi in cui si trovi ad analizzare una motivazione assente, se non quando il provvedimento genetico di applicazione della misura (o la convalida della stessa) presenti un tessuto motivazionale che, anche eventualmente attraverso un ragionamento per relationem, dia conto sia degli elementi posti a fondamento del vincolo, sia di quelli a discarico rappresentati dalla difesa e questo al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il collegio delle cautele è preposto.
D’altra parte, la sussistenza del periculum in mora di cui sopra può giocare un ruolo non indifferente, anche a parziale emendamento del divieto di integrazione di cui sopra: tematica che, malgrado alcune statuizioni delle Sezioni Unite, non sembra essere stata del tutto sviscerata, e riemerge qui e là in alcune più recenti sentenze di merito, sia pure in forma più attenuata.
In tal senso, l’anticipazione degli effetti di una situazione che preveda la confisca obbligatoria, si rende necessaria in quanto la libera disponibilità delle somme di cui si chieda il sequestro renderebbe possibile e alquanto verosimile la loro dispersione, tenuto conto di una indefinita casistica di elementi quali un considerevole ammontare del profitto confiscabile, la possibile incapienza di un conto corrente sociale posto a garanzia, la natura stessa, da valutare caso per caso, dei beni in sequestro; è chiaro che, parlando di somme di denaro, come tali esse sono facilmente occultabili o altrettanto agevolmente rese non rintracciabili e infine non più recuperabili appunto ai fini della confisca. A ciò si aggiungano considerazioni in merito a casi nei quali quelle stesse somme di denaro possono essere utilizzare in operazioni di investimento nell’acquisto a loro volta di beni che sfuggano a futuri, possibili provvedimenti di natura cautelare reale, o situazioni nelle quali dalla condotta di un legale rappresentante possa astrattamente derivare un vantaggio per una società.