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IL GIUSTO PROCESSO CIVILE
Nel dibattito sulla fiducia alla Camera Mario Draghi apre al «giusto processo». Lo fa rivolto al processo penale, ove bisogna assicurare un «equilibrato bilanciamento» «dei principi costituzionali», tanto che il Ministro Cartabia ha parlato di esigenze di «efficienza» ed «efficacia» del processo e di necessità di «produrre giustizia» accertando fatti e responsabilità con decisioni definitive. Questi principi, oltre a quello invocato della “ragionevole durata del processo”, ben si sposano anche con il processo civile, anche se le soluzioni per garantire un giusto processo non possono essere identiche a quelle seguite per il processo penale.
Già prima della modificazione dell’articolo 111 della Costituzione, operata dalla Legge Costituzionale n.2 del 1999, erano rinvenibili, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, affermazioni della necessità che l’ordinamento processuale civile fosse informato al principio del giusto processo. Si tratta di un gruppo di sentenze risalenti agli anni ’80 nelle quali la Corte ha preso le mosse dalla concezione della garanzia dello svolgimento del giusto processo quale “esigenza suprema che non si risolve in affari di singoli, ma assurge a compito fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione di dicere ius di cui i diritti di agire e di resistere nel processo (quale ne sia l’oggetto) rappresentano soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme disciplinatrici della titolarità e dell’esercizio della potestà dei giudici” (sentenza n. 137 del 1984).
Il fondamento costituzionale del principio del giusto processo civile è stato individuato da queste sentenze della Corte nell’articolo 24 della Costituzione, il cui oggetto è ravvisato nella partecipazione dei legittimati ad agire e nel contraddittorio all’esercizio della funzione giurisdizionale. Da tali visioni degli anni ’80 sono discese significative applicazioni nelle sentenze della Corte e nell’impianto normativo in generale del principio del giusto processo civile, le cui articolazioni sono:
- il principio del contraddittorio fra le parti, che assicura il leale svolgimento del procedimento;
- la parità delle parti, che è il principio cardine della disciplina del giusto processo con riferimento soprattutto ai principi in tema di onere della prova che non può trovare preclusioni di sorta che non siano espressamente previste dalla legge;
- l’imparzialità e terzietà del giudice, principio che esige che ogni giudice operi in condizione di assoluta estraneità ed indifferenza – e perciò di neutralità – rispetto agli interessi in causa;
- la ragionevole durata del processo, principio diretto a disporre che il processo stesso non si protragga oltre certi limiti temporali ma che deve sempre essere contemperato dalla necessità che il processo consenta un adeguato spiegamento del contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa.