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Ammissione al passivo degli interessi nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza

AMMISSIONE AL PASSIVO DEGLI INTERESSI NEL CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA

 

La disciplina degli interessi e dell’eventuale possibilità per il creditore di insinuarli al passivo nella procedura fallimentare è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali nel corso degli ultimi decenni. Le questioni, in particolare, riguardano sia la natura dell’interesse maturato, sia la natura del credito; inoltre, vi è da chiedersi se quanto stabilito a livello giurisprudenziale con riferimento alla procedura fallimentare possa essere ribadito anche nella nuova sede di liquidazione giudiziale, alla stregua del nuovo codice della crisi e della insolvenza.

Sembra utile partire proprio da quest’ultima considerazione. Con il codice dell’insolvenza la liquidazione giudiziale ha sostituito il vecchio fallimento, ma la liquidazione, secondo i termini previsti dal nuovo codice, risulta essere una procedura finalizzata interamente alla liquidazione dei beni dell’imprenditore insolvente, senza particolari novità sostanziali rispetto alla procedura previgente. Differenze, a livello sostanziale, sono poche: ciò che emerge è una mera modificazione terminologica della procedura, che da “fallimento” diviene “liquidazione giudiziale”, sulla scorta delle indicazioni europee che intravedevano nel termine “fallimento” una connotazione troppo negativa. Nella sostanza, invece, la riforma mira a dare maggiore autonomia ai soggetti coinvolti, cercando di passare da un contesto incentrato sulla liquidazione dell’attivo ad una procedura che favorisca la continuità aziendale e il risanamento dell’impresa.

Il fulcro della vecchia procedura fallimentare, tuttavia, rimane lo stesso.

Da questo principio può desumersi una ragionevole continuità interpretativa della legge fallimentare, ovviamente secondo il nuovo dettato traslato all’interno del Codice della Crisi e dell’Insolvenza.

Proprio sulla scorta dei precedenti orientamenti giurisprudenziali in materia fallimentare, può analizzarsi ora la questione di cui in premessa relativa alla possibilità, per il creditore, di inserire all’interno della domanda di ammissione al passivo non solo il capitale, ma anche gli interessi.

Al fine di ottenere un’analisi completa, devono essere distinte tre differenti questioni: la tipologia dell’interesse, la natura del credito azionato e, infine, il periodo di riferimento.

Per quanto riguarda la tipologia, emerge una sostanziale differenza di disciplina tra interessi corrispettivi e interessi moratori.

L’interesse corrispettivo, ai sensi dell’art. 1282 c.c., è prodotto di pieno diritto da crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente; conseguentemente, tutti i crediti liquidi ed esigibili producono interessi a partire dal momento della loro scadenza, vale a dire quello in cui sono divenuti effettivamente esigibili, senza bisogno di una apposita manifestazione di volontà da parte del creditore.

L’interesse di mora, invece, è quello dovuto in seguito alla mora del debitore, vale a dire quando, nella sostanza, il debitore è divenuto inadempiente. La mora sarà ex persona quando richieda un’intimazione scritta da parte del creditore; ex re, invece, nel si produca automaticamente al verificarsi di determinate circostanze, secondo quanto previsto dall’art. 1219 c.c.

Per ciascuna categoria di interesse può individuarsi una disciplina specifica.

Gli interessi corrispettivi, in tal senso, rispondono al principio della domanda: essi spettano sempre, dal momento in cui maturano sul credito divenuto esigibile, ma devono essere richiesti dal creditore. La disciplina degli interessi corrispettivi è quella dettata dall’art. 1284 c.c., che ne detta la misura legale; se le parti, diversamente, optano per un tasso d’interesse differente, l’interesse non sarà legale, ma convenzionale. In entrambi i casi, nessun dubbio alla possibilità per il creditore di insinuare il proprio credito maturato sul capitale al passivo, attraverso la domanda di ammissione alla procedura di liquidazione ex art. 201 del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza. Seguendo il principio della domanda, gli interessi corrispettivi non espressamente richiesti nella domanda di ammissione al passivo saranno considerati non riconosciuti.

A questo punto, però, occorre, una specificazione di natura temporale. Come accennato, infatti, anche la natura del credito e la fattispecie temporale incidono sulla disciplina in commento.

Di fronte all’insinuazione di un interesse corrispettivo, legale o convenzionale, la legge affronta una distinzione, a seconda che l’interesse sia maturato precedentemente o in seguito alla dichiarazione di apertura della dichiarazione giudiziale. Nello specifico, l’art. 154 CCI – ex art. 55 L.F. – specifica come la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, sino alla chiusura della procedura, a meno che i relativi crediti su cui gli interessi sono maturati siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

Il momento in cui la procedura ha inizio, quindi, segna un confine invalicabile per tutti quei crediti c.d. chirografari, vale a dire non assistiti da alcuna causa di prelazione; diversamente, sui crediti garantiti continueranno a maturare gli interessi.

Più ampio il dibattito per quanto riguarda gli interessi moratori, che possono assumere a loro volta connotazioni differenti.

Innanzitutto, al pari degli interessi corrispettivi, l’interesse moratorio ex art. 1219 c.c. sarà ammesso al passivo se formatosi su un credito liquido ed esigibile e se il debitore inadempiente è stato costituito in mora. Se la mora opera ex re, vale a dire automaticamente, gli interessi inizieranno a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del pagamento. Allo stesso modo degli interessi corrispettivi, anche per gli interessi moratori vale il principio della domanda: si ritengono rinunciati se non insinuati espressamente al passivo e verranno computati soltanto fino alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

Il dibattito maggiore è sorto con riferimento agli interessi moratori di natura commerciale, applicati alle sole transazioni commerciali ai sensi del d.l. n. 231/2002, attraverso il quale il legislatore ha previsto che, nell’ambito di una transazione commerciale, colui che subisce ingiustificatamente un ritardo nel pagamento di un dato importo ha diritto alla corresponsione degli interessi di mora. In particolare, l’art. 1 del decreto in esame dispone come le disposizioni sugli interessi di mora non si applichino per i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure di ristrutturazione del debito.

In un primo momento la giurisprudenza ha interpretato alla lettera la norma in questione, negando in assoluto la possibilità per il creditore di inserire nella domanda di ammissione al passivo interessi diversi rispetto a quelli aventi tasso legale ai sensi dell’art. 1284 c.c., fatta salva l’unica ipotesi in cui la debenza di questi interessi fosse affermata da un titolo giudiziale passato in giudicato. L’esclusione, sarebbe volta, in tal senso, a consentire una parificazione di tutti i creditori, posto che, essendo tali interessi moratori previsti soltanto nei rapporti commerciali, la loro insinuazione sarebbe pregiudizievole per quelle obbligazioni estranee alla materia commerciale.

La giurisprudenza più recente, al contrario, si è evoluta ammettendo tale possibilità: il creditore potrebbe insinuare al passivo anche interessi di natura commerciale, posto che la limitazione dell’art.1 opererebbe soltanto con riferimento al periodo successivo all’incardinazione della procedura di liquidazione, mentre in precedenza dovrebbe essere applicata la disciplina generale sugli interessi moratori ex re, insinuabili al passivo allo stesso modo degli interessi corrispettivi.

In particolare, quindi anche tale tipologia di interesse potrebbe essere oggetto di domanda di ammissione al passivo, trovando limite soltanto nel dato temporale: l’interesse commerciale decorre dal primo giorno successivo al mancato pagamento fino al giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.