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Il contratto di investimento e la sottoscrizione (anche) della banca

Parere reso a privato

IL CONTRATTO DI INVESTIMENTO E LA SOTTOSCRIZIONE (ANCHE) DELLA BANCA

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione stabiliscono che il contratto di investimento, ex art. 23 TUF, deve essere firmato, per la sua validità, anche dall’intermediario finanziario oltre che dal cliente.   

Con ordinanza n. 10447 del 27.04.17 la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per la possibile assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se, a norma dell’art. 23 D.Lgs. n. 58/1998 (TUF), la sottoscrizione della banca sia necessaria ad substantiam, al pari di quella dell’investitore, al fine della valida conclusione del contratto quadro di gestione e/o di consulenza di portafoglio di investimento, con dubbio interpretativo che si estende a tutti i contratti di investimento e di banca.

Nell’ordinanza la Corte conferma che è indispensabile in detto contratto quadro la sottoscrizione del cliente, essendo il requisito di forma posto a protezione esclusiva del medesimo, ma afferma anche che, come da recenti decisioni di legittimità, la produzione in giudizio da parte della banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto non è idoneo equipollente della sua sottoscrizione (Cass. 24.03.16, n. 5919; Cass. 11.04.16 n. 7068; Cass. 19.05.16 n. 10331 e Cass. 3.01.17 n. 36). Quindi si pone la necessità di accertare se il detto contratto privo della sottoscrizione della banca sia o meno valido.

Secondo una prima tesi il requisito della forma scritta sarebbe soddisfatto con la sottoscrizione del solo cliente. La c.d. forma informativa sarebbe rispettata perché viene soddisfatto l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. L’altra parte del rapporto, ovvero la banca, è il soggetto predisponente le condizioni generali di contratto, cui l’investitore aderisce. Di qui, il rilievo che la sottoscrizione della banca a differenza di quella dell’investitore non occorre per la validità del contratto. Tale tesi eviterebbe una lettura distorta dell’art. 23 e un pericolo di strumentalizzazione dello strumento formale da parte dell’investitore. La seconda tesi, invece, propende per la sottoscrizione della banca quale requisito di forma ad substantiam al pari di quella del cliente.

La questione non è di scarsa rilevanza. Da un lato esigere la sottoscrizione della banca pare contrastare con il dinamismo della contrattazione finanziaria e con l’efficienza dei mercati, obiettivi che sono sottesi, in definitiva, anche alla stessa nullità di protezione. Dall’altro lato, emerge, però, la necessità di assicurare una tutela piena ed effettiva al Cliente, quale parte debole del rapporto.

Dare priorità all’esigenza dell’efficienza dei mercati significa però anche tutelare il consumatore. Detta tutela infatti trova anch’essa fondamento proprio nell’esigenza di evitare i fallimenti del mercato, quando la concorrenza da sola non è sufficiente o quando ha effetti potenzialmente distruttivi. La presenza di significative asimmetrie derivanti da una diversa distribuzione degli effetti sul contratto della mancanza della sottoscrizione comportano il rischio che il mercato dei prodotti oggetto di contratto possa comunque avere una significativa diminuzione.