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VENDITA A CORPO E A MISURA: ECCO L’ULTIMA PRONUNCIA DELLA CORTE SUPREMA
Diverse pronunce nel corso degli anni hanno portato a definire la differenza tra vendita a corpo e a misura. Per esempio, Cass. n. 8793/2000 stabilì il criterio fondamentale di distinzione, definendo come nella vendita a misura la determinazione dei confini della cosa venduta è effettuata attraverso la misurazione, mentre la vendita a corpo è caratterizzata dalla determinazione e delimitazione del bene in modo che esso resti identificato indipendentemente dalla misura.
Recentemente la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la questione, nello specifico con l’ordinanza n. 14592/2021, emessa nei confronti di un ricorso sollevato in merito ad una vendita immobiliare tra un privato e il comune nella quale erano emersi contrasti circa l’individuazione della corretta natura della vendita e la conseguente determinazione del diritto alla riduzione del prezzo.
La disciplina della vendita immobiliare, infatti, marca un’essenziale differenza agli artt. 1537 (vendita a misura) e 1538 (vendita a corpo) c.c.: se nella prima la riduzione del prezzo è sempre dovuta se la misura effettiva dell’immobile è inferiore a quella indicata nel contratto, nella seconda non si fa luogo alla modifica del prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto.
L’ordinanza in questione ha messo in evidenza un principio giurisprudenziale circa la differenza tra le due nature di vendita, indicando come questa attenga unicamente all’influenza dell’estensione del bene sul prezzo pattuito, mentre non produce effetti in ordine all’individuazione della cosa compravenduta, per la quale l’indicazione dei confini ha funzione essenziale ove sia precisa e riscontrabile sul terreno.
In un contratto di compravendita immobiliare, quindi, l’indicazione dei complessivi mq dell’estensione del bene alienato e il fatto che il prezzo non venga stabilito in un importo unitario sono indici di una vendita a misura.