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Sequestro 110% Superbonus: è sequestro impeditivo preventivo

SEQUESTRO 110% SUPERBONUS: È SEQUESTRO IMPEDITIVO PREVENTIVO

 

Opera il sequestro preventivo impeditivo  – c.d. sequestro impeditivo – dei crediti d’imposta ceduti alla Banca nell’indagine per truffa ai danni dello Stato a carico degli amministratori delle società per i presunti lavori fittizi che hanno fruito del Superbonus 110%.

È quanto emerge dalla sentenza n. 28064 della Cassazione seconda sezione penale pubblicata il 12 luglio 2024. Si tratta, infatti, di un provvedimento necessario a evitare che i crediti inesistenti siano comunque utilizzati, non anche di una misura funzionale a garantire la confisca obbligatoria: per la Suprema Corte il sequestro nella specie è finalizzato solo a impedire che diventino più gravi le conseguenze del reato ipotizzato, ed è sufficiente la relazione fra il reato e la cosa. Il vincolo, dunque, può colpire il bene di un terzo, anche se estraneo all’illecito e in buona fede e solamente in previsione della possibile definitività del vincolo è necessario verificare se il terzo (in questo caso la Banca) concorre nel reato e risulta quindi esposto all’ablazione oppure è anch’esso vittima della frode, e dunque ha diritto alla restituzione. La buona fede del terzo conta soltanto nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca, mentre quello impeditivo è del tutto svincolato dalla verifica sul punto: Il sequestro preventivo impeditivo, infatti, può essere disposto in presenza del duplice presupposto fattuale del rapporto di pertinenza della cosa con il reato e del concreto pericolo che la sua disponibilità possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero possa agevolare la commissione di altri reati.

La protezione che il decreto legge del 19/05/2020 n. 34 offre al credito d’imposta generato dal 110% non impedisce il sequestro penale, perché è generato da costi in realtà non sostenuti; la Banca che utilizza il credito d’imposta compie quindi il reato di indebita compensazione, perché si tratta di crediti inesistenti o non spettanti. Così statuendo la Cassazione avvisa che le frodi in tema di Superbonus possono essere dirette non solo nei confronti dello Stato, ma anche delle stesse banche, con condotte concorrenti: il profitto della truffa è costituito tanto dal credito d’imposta quanto dal denaro generato dalla liquidazione. Appare evidente che le Banche, monetizzando il credito, ricavano a seguito di questa operazione un profitto perché i crediti sono ceduti a un valore inferiore a quello nominale, il che determina un utile in capo all’istituto.