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INAMMISSIBILITA’ DELL’OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO E DOMANDE RICONVENZIONALI
Con la sentenza n. 23 del 4.2.2020, il Tribunale di Belluno conferma il principio giurisprudenziale ai sensi del quale l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia locatizia, come tale soggetta al rito speciale di cui all’art. 447 bis c.p.c., se proposta con atto di citazione, anziché con ricorso, può comunque essere utile ad instaurare un valido contenzioso solo se l’iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria dell’atto di citazione viene eseguita entro il termine di cui all’art. 641 c.p.c., e cioè entro quaranta giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo. La Cassazione si è espressa ormai più volte in tal senso (cfr. ex multis l’ordinanza n. 7071/2019) sul presupposto che l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione deve essere proposta con ricorso. Se si utilizza il mezzo della citazione, questa può produrre gli effetti del ricorso solo se depositata in cancelleria entro il termine suddetto previsto dall’art. 641 c.p.c., non essendo sufficiente che, entro tale data, sia stata notificata alla controparte.
Nella fattispecie, nella quale l’opponente aveva iscritto a Ruolo la causa in opposizione in un termine successivo al quarantesimo giorno, però, l’opponente aveva formulato anche domanda riconvenzionale, e così pure aveva fatto, a sua volta, l’opposto, venutosi a trovare anche nella posizione di convenuto. Ciò apriva l’ulteriore dibattito se la dichiarazione di inammissibilità per tardività dell’opposizione travolga o meno le eventuali domande riconvenzionali formulate dall’opponente e, anche, se del caso, dell’opposto, oppure, se la dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo non precluda sempre l’esame nel merito della domanda riconvenzionale, proposta con l’opposizione, in quanto dalla stessa detta dichiarazione di improcedibilità consegue soltanto il passaggio in giudicato della statuizione contenuta nel procedimento monitorio, in modo che tale effetto è idoneo a paralizzare la valutazione sul fondamento delle domande riconvenzionali, spiegate con l’atto di opposizione, solo se e nella misura in cui esse siano incompatibili con l’accertamento divenuto incontestabile.
Il Tribunale di Belluno non ha approfondito l’interessante questione, limitandosi ad accertare che, nella fattispecie, l’opposto aveva formulato la domanda riconvenzionale in via subordinata solo per la denegata ipotesi di mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, e che, quindi, le domande riconvenzionali rimanevano assorbite “in conseguenza dell’accoglimento dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione”. In realtà l’inammissibilità o l’improponibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo non osta a che l’opposizione medesima produca gli effetti di un ordinario atto di citazione con riguardo alle domande che essa contenga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto. Per costante giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, la domanda riconvenzionale, atteso il suo carattere autonomo di contro domanda volta ad ottenere un provvedimento positivo favorevole nei confronti dell’attore e non il mero rigetto delle avverse pretese, come avviene nel caso di eccezione riconvenzionale, deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile la domanda principale.
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