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Il Bitcoin non può essere sequestrato al posto dell’Euro

IL BITCOIN NON PUO’ ESSERE SEQUESTRATO AL POSTO DELL’EURO

 

La Suprema Corte di cassazione ha recentemente stabilito, con una sentenza da questo punto di vista rivoluzionaria, come le criptovalute non possano essere oggetto di sequestro per equivalente, non avendo esse valore legale come moneta ufficiale nel territorio italiano (Cass. Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 20/11/2024, n. 1760).

Secondo la Corte, in materia di sequestro probatorio per un caso di evasione fiscale, le criptovalute, quali i Bitcoin, non possono essere considerate alla stregua di moneta avente corso legale nello Stato italiano ai fini del sequestro per equivalente, in quanto non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica, prive di potere liberatorio nei pagamenti e soggette a continua fluttuazione di valore di mercato

Con riferimento al caso di specie, Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze aveva convalidato con decreto il sequestro per equivalente di 1,88805294 Bitcoin, quale valore di conversione al momento del trasferimento di euro 120.638,20.

Il ricorrente, nei motivi di ricorso, lamentava come non potesse essere considerato oggetto di sequestro un asset rappresentato dalla valuta virtuale Bitcoin, secondo il controvalore al momento del trasferimento in euro. Le valute virtuali, quali il Bitcoin, sono una rappresentazione di valore non emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, che non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente. In sostanza, la cripto è un asset digitale non assimilabile alla valuta corrente di uno Stato, anche perché soggetto a continue fluttuazioni.

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, sostenendo le ragioni del ricorrente. La criptovaluta è definita a livello comunitario (direttiva 2018/843/UE) quale “rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. Il rapporto tra moneta virtuale e moneta corrente non è allora identitario, ben potendo la cripto essere utilizzata per scopi diversi dal mero pagamento, per esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore o utilizzate in casinò online.

L’ordinamento italiano definisce la moneta virtuale all’art. 1 del D.lgs. 231/2007, modificato dal D.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Alla moneta virtuale sono legati rischi e inconvenienti tali da non consentire un’assimilazione, sotto il piano sostanziale, alla moneta corrente. I Bitcoin hanno caratteristiche diverse: non sono emessi da una banca centrale, né da un’altra autorità pubblica, per essi non vige il principio nominalistico, non svolgono le funzioni di unità di conto e riserva di valore tipiche della moneta corrente (per via della mancanza di potere liberatorio nei pagamenti e dell’estrema volatilità). Inoltre, non vi è chi possa stabilizzarne in via autoritaria i corsi: da qui discendono le oscillazioni del cambio che generano incertezze in sede di conversione.

La conclusione della Corte, a questo punto, è chiara: il sequestro per equivalente di un asset quali sono le criptovalute, nel caso di specie Bitcoin, è assolutamente illegittimo, perché moneta virtuale e moneta avente corso legale sono due elementi completamente differenti, posto che la valuta virtuale non svolge le funzioni tipiche della moneta avente corso legale ed è soggetta a continue fluttuazioni di mercato.