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CONCORRENZA SLEALE E NEGOZI ONLINE
La Corte di Cassazione ordinanza 626 del 10.01.2025 ha stabilito che la disciplina della concorrenza sleale può essere applicata anche ai negozi online: la concorrenza esiste anche se i canali di vendita sono differenti, e l’illecito concorrenziale non richiede necessariamente un danno attuale, risultando sufficiente la potenzialità di un danno.
Con riferimento al caso concreto, vi era da determinare se l’uso dei canali di vendita online per sottrarre in anticipo la clientela destinataria di iniziative promozionali, attraverso abuso di informazioni riservate acquisite all’interno di una organizzazione commerciale, potesse rientrare nella definizione di concorrenza sleale. La decisione della Cassazione ribalta la sentenza d’appello che aveva invece affermato come non sussistesse rapporto concorrenziale, e quindi possibilità di concorrenza sleale, tra imprenditori operanti in un determinato settore di commercio, se gli uni operavano nel mercato fisico e gli altri nel mercato online.
Il presupposto indefettibile dell’illecito concorrenziale è la comunanza di clientela, data dall’insieme di consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti che siano in grado di soddisfare quel bisogno. La concorrenza è competizione tra soggetti economici, il cui obiettivo di autoaffermazione nel mercato si raggiunge conquistando maggiore clientela anche a costo di provocare un danno al concorrente; proprio la comunanza di clientela è parametro fondamentale per individuare quando tra due imprese vi sia concorrenza.
Deve allora escludersi che la modalità di commercializzazione del prodotto rivesta un rilievo decisivo: solo nel caso in cui due imprenditori si rivolgano a una clientela differente, «non coincidente nemmeno in via potenziale», non sorge rapporto di concorrenza.
A contrario, anche se raggiunta attraverso canali diversi di distribuzione, come può avvenire in caso di mercato fisico e online, l’individuazione della medesima clientela è indice di concorrenza: la clientela di uno specifico mercato, indipendentemente dal fatto che l’acquisto dei medesimi si attui in punti di vendita diffusi sul territorio o attraverso un circuito online, deve essere considerata unitariamente.
Ai fini dell’individuazione del suddetto rapporto, deve aversi riguardo alla naturale dinamicità delle singole attività imprenditoriali. La sussistenza di una comunanza di clientela deve essere verificata anche in una prospettiva potenziale, tenendo conto dell’esito di mercato fisiologico e prevedibile. Afferma la Corte: «Una differenziazione dei mercati basata sulla rigida diversificazione dei sistemi di commercializzazione appara priva di ragionevole fondamento giustificativo anche in quanto trascura di considerare la naturale osmosi esistente tra le forme attraverso cui si attua lo scambio di prodotti.»
D’altronde, già da tempo la giurisprudenza afferma come, in tema di concorrenza sleale tra due o più imprenditori, il presupposto indefettibile dell’illecito è la comunanza di clientela, la cui sussistenza deve essere verificata in una prospettiva potenziale, dovendosi esaminare se l’attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale.