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TASSO EURIBOR E ANTITRUST: EFFETTI SUI MUTUI DELLA DECISIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA 04.12.2013
Con decisione 4 dicembre 2013, la Commissione Europea ha accertato esservi stato un accordo di cartello lesivo della concorrenza tra alcune banche internazionali per il periodo tra il 2005 e il 2009 per una manipolazione del tasso Euribor applicabile ai prestiti bancari. La questione degli effetti di tale decisione è approdata in vari Tribunali italiani, dai quali è uscito un orientamento costante nel negare ogni riflesso sui mutui o finanziamenti concessi dalle banche italiane ai loro Clienti. Si è pensato, infatti, che la decisione europea è certamente fonte di responsabilità per violazione delle norme sulla concorrenza nei confronti di quelle banche che hanno partecipato attivamente all’accordo, ma non certo determinante nei confronti delle banche italiane, del tutto estranee all’accordo, che a quel parametro Euribor si sono riferite esclusivamente per il calcolo dei tassi variabili nei mutui stipulati con la clientela.
Una nullità del mutuo a “valle” per la presunta invalidità “a monte” della sua determinazione, che si situerebbe in violazione della normativa antitrust, non è rinvenibile, se la banca mutuante non risulta per nulla coinvolta in essa. La tesi trae fondamento da quell’orientamento giurisprudenziale, che ha trovato consenso anche in altre questioni analoghe, secondo il quale i divieti che si rinvengono nella normativa antitrust non incidono in maniera diretta sul contenuto degli atti negoziali, ma su un comportamento che si pone a monte di questi e non si rinviene alcun vincolo di dipendenza funzionale o, quantomeno, un collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile tra l’intesa anticoncorrenziale ed il singolo negozio. I contratti fra la singola impresa ed il cliente derivano dall’autonomia privata dei contraenti, ovvero da una autonoma manifestazione di consenso, da cui può discendere indubbiamente anche l’eventuale recepimento all’interno del regolamento contrattuale di parametri esterni riproduttivi di un’illecita determinazione, ma la circostanza che l’impresa uniformi al programma anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata non appare sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione pratica. Si è infatti sostenuto che, attesa la finalità di presidio della correttezza del mercato dell’art. 2 l. 287/90, la nullità delle intese restrittive della concorrenza si colloca nel panorama normativo quale ipotesi speciale di nullità riferita agli accordi non concorrenziali e non ai contratti stipulati con i consumatori a valle di quegli accordi. E’ possibile, quindi, sostenere che dalla declaratoria di nullità di un’intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell’ art. 2 della legge n. 287 del 1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni, ove dimostrati, nei confronti delle imprese da parte dei clienti.
L’interferenza tra le regole di mercato e la disciplina della nullità negoziale può essere in astratto sostenuta soltanto laddove si dimostri un collegamento esogeno e funzionale tra le intese restrittive della concorrenza a monte ed il contratto concluso a valle tra la Banca, vincolata dall’intesa stessa, ed il terzo estraneo ad essa. In ogni caso, la nullità del contratto a valle non può affatto darsi scontata ma presuppone che si dia prova dell’esistenza dell’intesa restrittiva, dell’illiceità della stessa mediante allegazione dell’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale e della connessione tra questa ed il contratto a valle. Non sussistendo alcuno di questi elementi, non può in alcun modo ritenersi che il mero riferimento all’Euribor costituisca indice di nullità del tasso pattuito. Si ritiene, quindi, che i destinatari diretti delle norme antimonopolistiche asseritamente violate dal cartello posto in essere dalle banche siano solo gli imprenditori commerciali del settore di riferimento e non anche i singoli utenti, i quali potrebbero trarre vantaggio in fatto, solo in via riflessa ed indiretta, dai generali benefici della libera concorrenza di mercato, ma non possono ritenersi direttamente investiti della legittimazione a dolersi di asserite violazioni asseritamente poste in essere da un gruppo di imprese bancarie. Pertanto, ai fini della nullità delle clausole di richiamo all’interesse Euribor, non vi è alcuna possibilità per i singoli utenti di effettuare un collegamento tra le asserite intese anticoncorrenziali tra gli imprenditori bancari e l’invalidità dei contratti che inconsapevolmente al prodotto di quelle intese facciano riferimento (in tal senso, tra le molte, Tribunale Varese, 29.11.2016 n. 1354/16 Dott. Longobardi; Tribunale Roma 25.06.2015 Dott.ssa Barbara Perna; Tribunale di Verona, 3.03.2016 n. 805 dott. Vittorio Carlo Aliprandi; Tribunale di Milano 31.03.2016 n. 4016 dott. ssa Silvia Brat; Tribunale di Milano, 16.02.2017 Dott. Ferrari; Tribunale di Treviso, 26.07.2018 n.1623 Giudice Andrea Valerio Cambi; Tribunale di Verona 05.03.2019 n. 170, Giudice Massimo Vaccari; Tribunale di Mantova – Sentenza n. 170/2019 del 05/03/2019 Dott. Marco Benatti).