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NEGOZIO FIDUCIARIO: OBBLIGHI DEL FIDUCIARIO E TUTELA DEL FIDUCIANTE
Il fenomeno del negozio fiduciario, recentemente tema di un’interessante ordinanza del Tribunale di Torino, consiste, secondo la più recente definizione data dalla Corte di Cassazione, in una operazione negoziale che consente ad una parte, detta fiduciante, di far amministrare o gestire per particolari finalità un bene ad un’altra parte, detta fiduciario, trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l’acquisto in nome proprio da un terzo.
Chiave dell’istituto in esame è il vincolo che si costituisce tra fiduciante e fiduciario: quest’ultimo, infatti, deve rispettare tutti gli obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferire, dopo che lo scopo del negozio è stato raggiunto, il bene al fiduciante o ad un terzo dal fiduciante designato.
La peculiarità di questo istituto consiste sicuramente nella mancanza di una disciplina codicistica che lo riguardi. Il negozio fiduciario, infatti, è una figura elaborata da dottrina e giurisprudenza. La Corte di Cassazione, che più di una volta è ritornata sul tema, ha affermato come l’elemento fondamentale dell’istituto sia proprio la “fiducia”, inquadrando quindi l’istituto del negozio giuridico come un vero e proprio fenomeno e non come una fattispecie astratta, sottolineando l’impossibilità di inquadrare il pactum fiduciae in un unico schema negoziale. Avendo il concetto di fiducia una natura dinamica, il problema del negozio fiduciario consiste nell’individuare la corretta forma con cui porlo in essere.
La Corte, vagliando diversi orientamenti, ha assimilato l’istituto al mandato senza rappresentanza, paragonando il fiduciario al mandatario che acquisti il bene in nome proprio per l’interesse del fiduciante/mandante. Come afferma la Corte, infatti, è proprio il mandato il contratto tipico dell’agire per conto altrui. Questo orientamento, di conseguenza, non individua una forma particolare per il negozio, che, al pari del mandato, non dovrebbe richiedere la forma scritta ad substantiam; diversamente, dovrebbero essere scritti tutti gli atti aventi efficacia esterna, come per esempio il successivo atto di compravendita del bene del fiduciario. Il patto interno, quello di fiducia tra fiduciante e fiduciario, invece, non sarebbe soggetto al vincolo della forma scritta. Come affermano le Sezioni Unite, infatti, l’accordo concluso verbalmente è fonte dell’obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare.
Ma quale tutela può avere il fiduciante di fronte alla violazione del patto di fiducia da parte del fiduciario? Essendo gli effetti prodotti validi inter partes, nel caso in cui il fiduciario violi il patto, alienando il bene ad un terzo, ciò che potrà fare il fiduciante è agire ai sensi dell’articolo 1218 c.c., quindi esperire l’azione di inadempimento e risarcimento del danno; il terzo, qualora sia a conoscenza del patto di fiducia, potrà essere chiamato a rispondere ex art. 2043 c.c. Ancora, potrà essere esercitata l’azione ex art. 2932 c.c.: il fiduciante potrà quindi richiedere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo oggetto del patto.