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La causa estintiva riparatoria ex art.162 ter c.p. in appello

LA CAUSA RIPARATORIA EX ART.162 TER C.P. IN APPELLO

 

Con la sentenza n. 640 del 9 gennaio 2024, la quarta sezione della Suprema Corte ha stabilito che la causa di estinzione del reato di cui all’art. 162 – ter c.p. è applicabile nel giudizio di appello, anche nel caso di riqualificazione del reato in fattispecie procedibile a querela.

Com’è noto, l’art. 162 – ter c.p. prevede che “Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato”.

Facendo espresso riferimento al termine massimo – stabilito dalla norma citata nella dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado – la Corte di Cassazione ha indicato quale sia la procedura da seguire nel caso in cui il reato venga riqualificato in una fattispecie procedibile a querela solamente in un momento successivo.

Nella circostanza, gli imputati venivano tratti a giudizio per il reato di tentato furto aggravato e solo all’esito del giudizio il fatto veniva riqualificato nella fattispecie semplice. Pertanto, seppure i prevenuti presentavano nei termini l’offerta riparatoria, questa correttamente non poteva essere presa in considerazione dal giudice di I grado, chiamato a decidere su di un fatto dapprima qualificato come reato procedibile d’ufficio. Gli imputati appellavano la sentenza di condanna, richiedendo una rimessione in termini per la presentazione dell’offerta reale risarcitoria ai sensi dell’art. 162 – ter, comma 2 c.p., ai fini dell’estinzione del reato contestato. Richiesta, questa, che veniva rigettata dalla Corte di Appello territorialmente competente, motivando che gli imputati avrebbero ben potuto presentare l’offerta nelle more del giudizio di appello, senza necessità di rimessione in termini e che questa si sarebbe potuta e dovuta formulare al più tardi con l’atto di appello.

Avverso la conferma della condanna, gli imputati presentavano ricorso per cassazione, opponendo la violazione di legge e il vizio motivazionale, non avendo il giudice tenuto conto del fatto che gli stessi non avessero potuto procedere al risarcimento per fatto a loro non imputabile, nonostante avessero formulato offerta nei termini ex art. 162 – ter c.p..

In sostanza, come osservato dagli Ermellini, gli imputati invocavano un “adattamento” della suddetta disciplina, in caso di riqualificazione del reato a termine spirato.

Rileva innanzitutto il duplice scopo perseguito dalla norma all’art. 162 – ter c.p., consistente nella riparazione e deflazione processuale. Conseguentemente, ai fini della realizzazione dell’effetto deflattivo, la norma richiede necessariamente che la condotta riparatoratoria preceda la celebrazione del processo. L’stituto de quo tende infatti a coniugare la neutralizzazione del danno e la rilevanza concreta del fatto con la necessità di evitare il processo, laddove il suo accertamento e l’applicazione della sanzione penale si dimostrino come una sproporzionata reazione dello Stato rispetto a una condotta violativa di un interesse privato e ad un soggetto che ha volontariamente provveduto alla sua riparazione.

Ciò premesso, non può escludersi l’applicabilità dell’istituto qualora questo non potesse tovare applicazione in primo grado per un’errata qualificazione del fatto in sede di contestazione e, più genericamente, per causa non imputabile al reo. Il mancato accoglimento della sua applicabilità si tradurrebbe non solo nel mancato perseguimento della riparazione e della deflazione processuale, ma anche in un’interpretazione sproporzionatamente lesiva del diritto di difesa dell’imputato.

La Suprema Corte ha ammesso l'”adattamento” sottolineando come rilevi, per l’applicabilità della causa estintiva riparatoria, la tempestività dell’offerta. Il carattere della tempestività, in osservanza del disposto di cui all’art. 162 – ter c.p., consente al giudice di verificare la congruità del risarcimento che sarebbe altrimenti rimessa alla sola valutazione della persona offesa.

In particolare, nel definire la procedura da seguire in caso di riqualificazione del reato contestato in reato procedibile a querela, è stato stabilito che la causa di estinzione del reato di cui all’art. 162-ter c.p. è applicabile nel giudizio di appello a condizione che, al di fuori dei casi di remissione della querela, l’offerta riparatoria o risarcitoria sia tempestivamente formulata nelle more del giudizio di impugnazione, così da consentire al giudice di verificarne la congruità. È fatta inoltre salva la possibilità di concessione, su richiesta dell’imputato impossibilitato ad adempiere all’offerta formulata per causa a lui non addebitabile, di un termine per provvedervi anche ratealmente.

È stato specificato – motivo di rigetto del ricorso presentato dagli imputati – che la riqualificazione non costituisce condizione “ex se” sufficiente a giustificare la concessione del termine dilatorio previsto dall’art. 162-ter, comma secondo, c.p. essendo necessaria la sussistenza di una concreta condotta riparatora.

In conclusione, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, in caso di riqualificazione del fatto in reato procedibile a querela operata con la sentenza di primo grado, la causa estintiva riparatoria può trovare applicazione qualora l’imputato manifesti tempestivamente la propria volontà riparatoria, presentando, nelle more del giudizio di appello o, al più tardi, con l’atto di appello, offerta reale. Solo qualora questa sia stata presentata potrà costituire elemento a sostegno di un’istanza di concessione del termine ex art. 162 – ter, comma 2 c.p..