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Ai fini dell’addebito nella separazione è sufficiente un solo episodio di violenza

AI FINI DELL’ADDEBITO NELLA SEPARAZIONE È SUFFICIENTE UN SOLO EPISODIO DI VIOLENZA

La Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza n. 27766/2022, è intervenuta in materia familiare, definendo un importante principio in caso di richiesta di separazione con addebito. Nello specifico viene determinato come, ai fini dell’addebito nella separazione, sia sufficiente anche un singolo episodio di violenza fisica nei confronti dell’altro coniuge, trattandosi di una violazione grave quanto inaccettabile dei doveri matrimoniali.

Secondo la teoria della sentenza della Corte d’Appello ricorsa, il fatto di violenza domestica (nello specifico, il marito aveva spinto dalle scale la moglie, procurandole lesioni certificate medicalmente) non era idoneo a giustificare un addebito al marito nella separazione, non rilevando la singola violenza ai fini dell’identificazione causale dello stato di crisi e intollerabilità della convivenza della coppia. Attraverso un opposto ragionamento, invece, la Corte Suprema, identifica la violenza fisica, anche se singola, come un episodio talmente grave ed inaccettabile da scontrarsi irrimediabilmente con i doveri nascenti dal matrimonio, tanto da fondare di per sé una causa determinante sia di intollerabilità della convivenza, sia di una dichiarazione di addebito.

In tema di separazione con addebito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (per esempio, Cass. 7469/2017) è orientata a riconoscere come la relativa pronuncia presupponga l’accertamento della riconducibilità della crisi coniugale alla condotta di uno o di entrambi i coniugi, consapevolmente e volontariamente contraria ai doveri coniugali, e quindi di un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza. Nella valutazione della condotta di ciascun coniuge, a tal punto, il giudice deve tenere conto, attraverso un bilanciamento, se il singolo comportamento possa configurarsi non tanto come causa, quanto come effetto di una già presente frattura dell’unione, dovuta ad altri atteggiamenti che abbiano violato i doveri previsti dall’art. 143 c.c. in tema di diritti e doveri reciproci dei coniugi, vale a dire, il dovere di fedeltà, il dovere di assistenza morale o materiale e la collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.

Secondo questo orientamento, quindi, sarebbe necessario un nesso di causalità tra la condotta censurata e il fallimento del matrimonio, che escluderebbe l’addebito della separazione nel caso in cui la reale causa della stessa fosse un evento antecedente alla violazione del dovere matrimoniale, tenuto conto dei comportamenti di entrambi i coniugi in un giudizio comparativo.

Tuttavia la violenza fisica, pur di per sé sola, sembra sufficiente a sancire non solo un indice di causalità con il fallimento del matrimonio, ma altresì fonte di addebito nella separazione. La Corte di Cassazione in esame, infatti, richiamando il suo precedente n. 3925/2018, si espone nei confronti del caso della violenza fisica, definendola come una violazione talmente grave dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, anche di per sé sola, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto causa determinante di intollerabilità nella convivenza, ma anche la dichiarazione di addebito della separazione all’autore della violenza. Non solo: secondo la decisione citata, l’accertamento di tale violazione esonera il giudice di merito dal dovere di procedere alla comparazione col comportamento del coniuge vittima di violenza, «trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei».