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RACCOLTA DI OPERE E VIOLAZIONE DIRITTO D’AUTORE: LE ULTIME DELLA CASSAZIONE
Una raccolta di opere di un artista che vada a formare un c.d. «studio metodologico» viola l’articolo 70 della Legge sul diritto d’autore se i lavori dell’artista sono riprodotti integralmente e se l’utilizzo economico che ne viene fatto lede il principio di concorrenza verso i reali titolari del diritto.
Questo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza 4038/2022, nella quale si è esaminato il caso di una catalogazione informatica di 24mila opere in scala ridotta di un famoso artista effettuata da una Fondazione a scopo scientifico. Ribaltando la decisione dei giudici della Corte d’appello – secondo i quali la mostra non violava l’art. 70 della Legge sul diritto d’autore, poiché non era rappresentata l’opera complessiva dell’autore e non vi era alcun fine commerciale, ma meramente scientifico – la Corte Suprema individua i limiti entro cui è consentita la riproduzione di opere altrui, senza che venga violato il diritto d’autore.
La soluzione eccezionale della libera utilizzazione di opera altrui prospettata dall’articolo 70 L. aut. si applica al solo caso in cui venga riprodotta parzialmente l’opera d’arte figurativa, nei dettagli, ma non nella sua integrità. Non potrà quindi essere considerata libera utilizzazione la riproduzione di opere d’arte in un catalogo di una mostra che sia integrale e non limitata soltanto ai particolari, qualunque sia la scala adottata nella produzione rispetto agli originali. Inoltre, lo scopo della mostra dovrà essere strumentale alla critica ed alla discussione, oppure volto all’insegnamento o alla ricerca scientifica, ma sicuramente non potrà porsi in concorrenza con l’utilizzazione economica dell’opera che compete al titolare del diritto. Bisogna infatti considerare come il legittimo sfruttamento che compete all’autore ricomprende non solo il diritto di operare la moltiplicazione delle copie fisicamente identiche all’originale, ma protegge anche l’utilizzazione economica dell’opera in grado di inserirsi nel mercato di riproduzione. La catalogazione informatica con riproduzione fotografica in scala, anche se non rappresenta la complessiva opera dell’artista, è invece idonea a porsi in concorrenza con i diritti di sfruttamento che competono al titolare del diritto d’autore, ed è perciò vietata.
Questo, infine, il principio di diritto con cui la Corte Suprema cassa la sentenza: «La riproduzione di opere d’arte, allorché sia integrale e non limitata a particolari delle opere medesime non costituisce alcuna delle ipotesi di utilizzazione libera; per godere del regime delle libere utilizzazioni, inoltre, detta riproduzione deve essere strumentale agli scopi di critica e discussione, oltre che al fine, meramente illustrativo, correlato ad attività di insegnamento e di ricerca scientifica dell’utilizzatore e non deve porsi in concorrenza con l‘utilizzazione economica dell’opera che compete al titolare del diritto: diritto che ricomprende non solo quello di operare la riproduzione di copie fisicamente identiche all’originale, ma qualunque altro tipo di replicazione dell’opera che sia in grado di inserirsi nel mercato della riproduzione, e quindi anche la riproduzione fotografica in scala.»