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PATTO DI FAMIGLIA, REVOCATORIA E CLAUSOLA DI SOLIDARIETA’ DEGLI EREDI APPOSTA ALLA FIDEIUSSIONE
La clausola di solidarietà degli eredi apposta alla fideiussione, dalla quale trae genesi una pretesa creditoria, impedisce il sorgere di qualunque pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da poter esperire l’azione revocatoria ordinaria, per il caso di successiva stipulazione ai sensi degli 768 bis e seguenti del codice civile, di un patto di famiglia, con il quale il fideiussore trasferisce, in tutto o in parte, la propria azienda o le proprie partecipazioni societarie ai propri eredi.
La giurisprudenza ha avuto modo di trattare la questione, solo però in relazione alla successione mortis causa, laddove la Banca, notiziata della morte del fideiussore, agiva nei confronti degli eredi proprio in virtù della clausola di solidarietà contenuta nella fideiussione. E la Suprema Corte, con indirizzo consolidato, ha sempre ritenuto che “la clausola di un contratto concluso dal de cuius in un contratto riconducibile alla norma dell’art. 1341 cod. civ. (nella specie un contratto di conto corrente bancario), con la quale si pattuisce che per le obbligazioni derivanti dal contratto siano solidalmente responsabili gli eredi del debitore, non può ritenersi di natura vessatoria, non rientrando fra quelle tassativamente indicate dall’art.1341 cod. civ., giacché, se da un lato la deroga a un principio di diritto non costituisce parametro di configurazione delle clausole vessatorie, dall’altro la ripartizione dei debiti fra gli eredi è prevista dalla disposizione dell’art.752 cod. civ. “salvo che il testatore abbia disposto diversamente”, potendo il debitore apporre ai suoi beni i carichi che più gli aggradano, salva agli eredi la facoltà di sottrarsi a quei vincoli, rinunciando all’eredità o accettandola con il beneficio d’inventario” (così Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 25 agosto 2017 n. 20397 e Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 7 aprile 2005 n. 7281). In quelle vicende successorie, la Cassazione stabiliva il principio ai sensi del quale gli eredi sono debitori solidali non in conseguenza di una disciplina successoria, bensì per essere subentrati in un debito che il dante causa ha pattuito essere solidale tra i suoi successori (in tal senso cfr. proprio la citata e prodotta sentenza Cass. 20397/2017).
Da tale assunto si può partire per verificare l’operatività di una siffatta clausola di solidarietà per il caso di successiva stipulazione del patto di famiglia, essendo indiscutibile, infatti, che il patto di famiglia abbia causa ereditaria, realizzando una situazione uguale alla successione mortis causa nella titolarità dell’azienda familiare. A ciò conduce la disciplina dettata dagli articoli 768 bis e seguenti del codice civile, e in particolare l’art. 768 quater comma 1 c.c., laddove impone che al contratto devono partecipare non solo il disponente e beneficiario, ma anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore. In tal modo il patto consente all’imprenditore familiare, senza la necessità di atto testamentario o di donazione, di anticipare la propria successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dell’impresa ai figli, in un’ottica di continuità della stessa. Il patto di famiglia nasce infatti proprio dall’esigenza di normare la trasmissione delle imprese di famiglia, così da ripartire in modo equo le sostanze degli eredi legittimari, soddisfacendo gli interessi ed i desideri di tutti i familiari. Potendo il dante causa disporre dei beni che rientreranno nel patto di famiglia quando egli è ancora in vita, questo istituto realizza un’attribuzione liberale diretta dall’imprenditore all’assegnatario, con una finalità di distribuzione e liquidazione del patrimonio familiare da una generazione all’altra, attuando appunto di fatto un patto successorio tra l’imprenditore in vita e coloro che sarebbero i suoi successori legittimari in quel momento, senza che sia però sollevabile alcuna contestazione, essendo tale attribuzione perfettamente lecita.
Di tal guisa il patto di famiglia garantisce ancor di più l’operatività della clausola di solidarietà degli eredi contenuta in una fideiussione, perché se agli eredi è consentito sottrarsi ai debiti, con possibile pregiudizio dei creditori, attraverso la rinuncia all’eredità o con l’accettazione beneficiata (come ha esattamente messo in risalto la citata giurisprudenza), nel patto di famiglia nessun pregiudizio è mai possibile per i creditori, in quanto il patto, se sciolto, riassegna la proprietà al disponente, cioè l’originario debitore. Ai sensi dell’articolo 768 septies c.c., infatti, il patto di famiglia può essere sciolto dalle medesime persone che lo hanno concluso solo mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti dell’atto costitutivo del patto di famiglia. È vero che la norma prevede anche il diritto di recesso per i beneficiari, solo se espressamente previsto nel contratto, ma è altrettanto vero che l’eventuale esercizio del diritto di recesso da parte dei beneficiari avrebbe come logica conseguenza la riassegnazione della proprietà al fideiussore/disponente.
Peraltro tale conclusione va confrontata anche con il contenuto del patto di famiglia. Occorre, infatti, che i beneficiari assumano tutti gli obblighi, anche personali, collegati alle posizioni della disponente e subentrino in tutti i diritti soggettivi, interessi legittimi, azioni, aspettative e privilegi, in tutti gli obblighi, oneri, vincoli e soggezioni e insomma in ogni situazione e posizione giuridica o di fatto, attiva o passiva, riferibili al fideiussore, in dipendenza dei suoi titoli di legittimazione all’alienazione dei diritti oggetto del patto di famiglia. In tal caso, gli eredi risultano solidali nell’obbligazione fideiussoria, seppur limitatamente ai beni di cui al patto di famiglia, in virtù dell’automatica operatività della clausola di solidarietà. La funzione della solidarietà la si ravvisa, peraltro, nel rendere più sicuro e agevole il conseguimento del credito oppure il pagamento del debito. Può dirsi, insomma, che la solidarietà assolva una generica funzione di garanzia, ma senza intendere l’espressione nel senso che l’obbligazione solidale abbia una causa di garanzia.
In questi casi, al creditore è quindi preclusa l’azione revocatoria, mancando non solo il presupposto oggettivo dell’eventus damni, ma anche l presupposti soggettivi della scientia fraudis e della partecipatio fraudis.
Secondo orientamento costante della giurisprudenza, la Cassazione ribadisce che quando sia chiesta la revocatoria di atti a titolo gratuito, come si presume essere il patto di famiglia, ai fini del requisito della scientia fraudis non è necessaria la dimostrazione dell’intenzione del disponente di nuocere al creditore, ma è sufficiente la consapevolezza, da parte del disponente/fideiussore, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore.
Ebbene dal combinato disposto della clausola di solidarietà degli eredi contenuta in una fideiussione e della clausola contenuta nel patto di famiglia con la quale i beneficiari assumono tutti gli obblighi, anche personali, collegati alle posizioni del disponente/fideiussore, discende l’impossibilità di presumere sia la consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore da parte del fideiussore/disponente, sia, in ogni caso se necessario, l’impossibilità di presumere che i terzi beneficiari abbiano agito con dolosa premeditazione in danno al creditore.