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Parere
OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE E DOVERI DEL COLLEGIO SINDACALE FRA REGOLAMENTO CONSOB 17221 E CASSAZIONE
La sentenza della Cassazione civile, sez. II, 10 Luglio 2020, n. 14708 (Pres. Gorjan. Est. Grasso) ha espresso il principio secondo il quale in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ove siano poste in essere operazioni con “parti correlate”, i sindaci non possono limitarsi ad una verifica estrinseca del rispetto delle procedure legali, avendo il dovere di rendere note le criticità per difetto di “correttezza sostanziale”, per difetto di indipendenza dell’ “advisor”, risultante dalle emergenze e la non conformità della procedura allo scopo di legge, che è quello d’impedire silenti svuotamenti societari.
La Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. 1, n. 6037, 29/03/2016) aveva già avuto modo di statuire che in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l’esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo “quoad functione“, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza – in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori – e, dall’altro lato, l’obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia ed alla Consob.
L’interesse superiore che l’assetto normativo è diretto a preservare si rivelerebbe vano laddove l’organo di controllo per eccellenza (il collegio sindacale) omettesse di riferire all’assemblea dei soci, ai sensi dell’art. 2429 c.c., di aver riscontrato carenza di “correttezza sostanziale“, modalità opache e, soprattutto, il ricorso ad esperti privi di sicura indipendenza. In altri termini, riprendendo quanto sopra chiarito, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “se è certo che non spetti ai sindaci interloquire sulla opportunità dell’operazione con parti correlate e sulle prospettive vantaggiose o meno della stessa, è parimenti indubbio che gli stessi non possano limitarsi a una verifica estrinseca del rispetto delle procedure legali, avendo il dovere di rendere note le criticità per difetto di “correttezza sostanziale”, per difetto di indipendenza dell’advisor, risultante dalle emergenze e la non conformità della procedura allo scopo di legge, che, come si è accennato, è quello d’impedire silenti “svuotamenti societari“.
La recentissima sentenza conferma questo orientamento, sul presupposto che l’art. 2403 c.c., comma 1, nel delineare il perimetro del vigile intervento dei sindaci, non si limita a richiedere la verifica del solo formale rispetto di legge e statuto, ma impone il controllo di principi, peraltro non sempre strettamente ricollegabili a una norma giuridica specifica, di buona amministrazione, sotto i due concorrenti profili della correttezza e dell’adeguatezza. Laddove con la prima qualità deve intendersi la conformazione dell’azione amministrativa ai canoni dell’interesse perseguito, della trasparenza operativa e della veridicità formale e sostanziale delle scritture contabili e con la seconda, la più confacente conformazione degli assetti funzionali e organizzativi, in relazione alla scala dimensionale e operativa delle attività sociali.
Quindi, già sulla base della regola generale contenuta nel codice civile l’attività di controllo e vigilanza dei sindaci non può essere ridotta al notarile accertamento del mero rispetto formale della procedura di legge, dovendo, invece, come si è visto, assumere corposa sostanza di sindacato della correttezza e adeguatezza dell’azione amministrativa, la quale, libera nel come, nel quanto e nel quando, non può, tuttavia, pervertire il suo scopo (l’interesse sociale), confliggere con l’interesse pubblico (e non solo dei terzi interessati) alla leggibile e veritiera scritturazione contabile, violare il canone dell’appropriatezza e proporzionalità dell’assetto.
Tale principio trova la sua fonte nel Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate, adottato dalla Consob con delibera n. 17221 del 12 marzo 2010, successivamente modificato con delibere n. 17389 del 23 giugno 2010, n. 19925 del 22 marzo 2017, n. 19974 del 27 aprile 2017 e n. 21396 del 10 giugno 2020, in relazione all’art. 2391 bis c.c. e agli artt. 113 ter, 114, 115 e 154 ter del D.Lgs 58/1998, per la necessità di assicurare corretto e trasparente accesso al mercato del capitale di rischio e l’effettività della garanzia patrimoniale della società nei confronti della massa dei creditori sociali non protetti da strumenti di garanzia personale o reale. Il regolamento detta i principi ai quali le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione Europea e con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante si devono attenere al fine di assicurare la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate realizzate direttamente o per il tramite di società controllate.