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MESSAGGI WHATSAPP: CHE VALORE ASSUMONO IN GIUDIZIO?
Una recente decisione della Sezione V penale della Cassazione (n.839/2021), relativa ad un ricorso in tema di atti persecutori, ha sollevato una interessante questione relativa alla natura probatoria dei messaggi whatsapp.
Secondo la Corte Suprema, in tema di mezzi di prova nel procedimento penale i messaggi whatsapp, così come i messaggi SMS, conservati nella memoria del telefono cellulare assumono natura probatoria di documenti ai sensi dell’articolo 234 c.p.p.; ne consegue, per cui, che legittima è la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica. La chat della famosa applicazione messaggistica infatti viene considerata alla stregua di una normale prova documentale, vale a dire un elemento che rappresenti «fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo», indi per cui diviene utilizzabile ai fini probatori. La disciplina dei messaggi whatsapp, quindi, è chiara: vengono assunti come prova documentale ex articolo 234 c.p.p., non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni ex art. 266 c.p.p., né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza ex art.254 c.p.p.
Tale giurisprudenza non è, a dire il vero, una novità: già nel passato, per esempio nella Cass. N.1822/2018, la Corte aveva riconosciuto ai messaggi whatsapp un valore probatorio di tipo documentale, ritenendo come le conversazioni intrattenute attraverso strumenti informatici costituiscano una forma di memorizzazione di un fatto storico comparabile alla prova documentale ex articolo 234 c.p.p.
Interessante, in merito, osservare brevemente la disciplina relativa alla prova nel procedimento civile.
Anche nel processo civile, allo stesso modo di quello penale, è riconosciuta dalla giurisprudenza una precisa natura del messaggio su smartphone; in particolare, questo rientrerebbe nella disciplina ex articolo 2712 del codice civile, relativo alle prove documentali. I messaggi whatsapp, quindi, così come SMS e MMS, sono assimilabili alle riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose. Questi, nel processo, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.