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Maternità surrogata e diritto del minore ad avere una famiglia: la sentenza n.33 2021 della Corte Costituzionale

MATERNITA’ SURROGATA E DIRITTO DEL MINORE AD AVERE UNA FAMIGLIA: LA SENTENZA N.33 2021 DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Con la recente sentenza n.33 del 09 marzo 2021 la Corte Costituzionale è stata chiamata ad esaminare le questioni di legittimità costituzionale che riguardano lo stato civile dei bambini nati attraverso la pratica della maternità surrogata, pratica che è vietata dall’ordinamento italiano e precisamente dall’art.12, comma 6, Legge nr.40 del 2004.

Il dubbio di legittimità costituzionale è stato sollevato dalla prima Sezione civile della Corte di Cassazione nei riguardi della sentenza n.12193 dell’8 maggio 2019 emessa dalle Sezioni Unite che hanno escluso si possa riconoscere nell’ordinamento italiano l’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero dichiarativo del rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità “surrogata” e il genitore c.d. “d’intenzione” cittadino italiano e tanto, perché nel nostro ordinamento vige il divieto di surrogazione di maternità ai sensi dell’art.12, comma 6 della L.n.40 del 2004.

Secondo quindi la Sezione rimettente tale divieto disposto dalla sentenza n.12193/2019 violerebbe i diritti del minore al rispetto della propria vita familiare e cioè a essere registrato immediatamente alla nascita, ad avere un nome, a conoscere i genitori ed essere da loro allevato, a non essere, in sostanza, discriminato rispetto ad ogni altro bambino per circostanze di cui non è lui il responsabile, con il conseguente sacrificio della tutela dei suoi diritti per condannare il comportamento dei genitori.

Investita dunque della questione, la Corte Costituzionale pur nel respingere punto per punto tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Sezione remittente dichiarandole illegittime, chiarisce tuttavia che per affrontare il delicato tema richiesto bisogna sicuramente partire dal ricercare la soluzione concreta ottimale per l’interesse del minore che è quello che i legami con la propria famiglia abbiano un riconoscimento sociale e giuridico e che egli possa essere identificato dalla legge come componente del nucleo di affetti in cui vive.

Ciò che è in discussione, secondo la Consulta, non è però il diritto alla genitorialità delle persone che si prendono cura del minore, ma l’interesse del minore a che sia affermata in capo a chi si occupa di lui la titolarità giuridica dei doveri legati all’esercizio delle responsabilità genitoriali.

Detto ciò, non si può però nemmeno considerare l’interesse del bambino come prevalente rispetto ad ogni altro interesse in gioco e dunque esso va assolutamente bilanciato con lo scopo legittimo che il nostro Ordinamento persegue che è quello di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, sanzionato penalmente dal Legislatore.

Di tale bilanciamento d’interessi s’è occupata anche la Corte EDU che, pur riconoscendo che gli Stati parte possano non consentire la trascrizione di atti di stato civile stranieri che riconoscano sin dalla nascita del bambino lo status di padre o di madre al “genitore d’intenzione”, per non incentivare la pratica della surrogazione di maternità considerata potenzialmente lesiva dei diritti e della dignità delle donne, ha ritenuto però necessario che ciascun ordinamento statuale garantisca la concreta possibilità del riconoscimento dei legami tra il minore ed il genitore d’intenzione al più tardi quando i rapporti si sono di fatto concretizzati.

Una tale tutela nel nostro ordinamento sarebbe assicurata attraverso l’istituto dell’adozione che riconosce la pienezza del rapporto tra adottante ed adottato, una volta accertatane la corrispondenza agli interessi del bambino.

Secondo la sentenza n.12193/2019 delle Sezioni Unite rimessa al giudizio della Consulta, nel caso in esame di bambino nato da maternità surrogata, sarebbe però esperibile solo l’adozione in casi particolari che tuttavia non garantisce una piena tutela al minore, perché non attribuisce la genitorialità all’adottante, senza contare che vi sono dubbi sulla circostanza che consenta o meno di stabilire il vincolo di parentela tra il bambino e coloro che egli percepisce come nonni, zii ovvero fratelli e sorelle nel caso in cui l’adottante abbia già figli propri.

Inoltre l’adozione in casi particolari richiede comunque il necessario consenso del genitore “biologico” che potrebbe non prestarlo.

Dunque in tutta evidenza tale tipo di adozione non garantirebbe al minore una tutela piena così come spettantegli.

Da queste considerazioni, qui espresse in estrema sintesi, la Corte Costituzionale nella sentenza n.33/2021 nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sottoposte dalla Corte remittente, ha espresso altresì l’auspicio che il Legislatore individui una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e gli interessi in gioco, adeguando il diritto vigente alle esigenze di tutela per i bimbi che nascono da maternità surrogata.

Una prospettiva e speranza manifestate dalla Consulta ricche di significato, perché aprono la strada ad un adeguamento importante ed innovativo della normativa, al passo con i rilevanti cambiamenti sociali del nostro tempo.