Home   Articoli   Diritto Societario   Liquidatore e par condicio creditorum: l’articolo 2495 comma 2 cc

Liquidatore e par condicio creditorum: l’articolo 2495 comma 2 cc

LIQUIDATORE E PAR CONDICIO CREDITORUM: L’ARTICOLO 2495 COMMA 2 CC

I liquidatori di una società di capitali sono soggetti non solo all’azione di responsabilità che i creditori sociali possono esercitare verso di loro, la quale trova il suo presupposto nell’esistenza di una violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale imputabile ai liquidatori, ma anche alle ipotesi tipiche di responsabilità verso i creditori sociali, disciplinate dagli artt. 2491 comma 3 e 2495 comma 2 cc. Tale ultima ipotesi di responsabilità nei confronti dei creditori per la lesione del diritto di credito da questi vantato verso una società estinta rinviene i suoi elementi costitutivi, sotto il profilo oggettivo, nell’iscrizione nel Registro delle Imprese dell’avvenuta cancellazione della società e nel mancato pagamento del credito durante la fase della liquidazione e, sotto il profilo soggettivo, nella riconducibilità di tale lesione del diritto di credito alla condotta quantomeno colposa dei liquidatori.

Il liquidatore, infatti, ha una responsabilità illimitata nei confronti dei creditori, responsabilità che deve essere valutata in ragione del suo operato in fase di liquidazione, un dovere di agire in modo conservativo, utile alla liquidazione e che eviti di disperdere il patrimonio sociale, che è destinato solo e soltanto alla liquidazione, al pagamento dei debiti sociali e ad eventuale distribuzione di attivo residuo ai soci.

In questa fase, il liquidatore ha l’obbligo di rispettare il principio della par condicio creditorum. Numerose pronunce giurisprudenziali della Cassazione, in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società ex art. 2495 comma 2 cc (cfr. per tutte le più recenti Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 15 gennaio 2020 n. 521 e Cassazione Civile Sezione 3 Ordinanza 12 giugno 2020 n. 11304 che si allegano al presente atto quali docc. 9 e 10) affermano che il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma, comunque, provato, quanto alla sua sussistenza, già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della “par condicio creditorum“, applicato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 comma 2 del codice civile.

L’operato del liquidatore, quindi, dovrà essere valutato secondo la correttezza con cui ha trattato i diversi debiti: ne discende un obbligo, certamente, di accertare la composizione del passivo, qualificando espressamente eventuali gradi di privilegio e procedendo poi al pagamento.

Ma vi è di più.

L’omessa indicazione nel bilancio finale di liquidazione del debito costituisce una palese violazione ai principi contabili OIC i quali, nella sezione dedicata alla redazione dei bilanci di liquidazione impongono il riferimento in bilancio a tutte le posizioni debitorie, anche quelle in contestazione.

E’ noto che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penale, con la sentenza 27 maggio 2016 n. 22474 hanno statuito che il reato di false comunicazioni sociali, previsto dall’art. 2621 cod. civ., nel testo modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi, se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni. In pratica, la Suprema Corte a Sezioni Unite ha sancito che le scienze contabilistiche appartengono al novero delle scienze a ridotto margine di opinabilità e che, in materia di bilanci, le valutazioni non sono libere, ma vincolate normativamente e/o tecnicamente, attribuendo, in tal modo, ai principi contabili efficacia normativa: se, nella redazione del bilancio, vengono esposte valutazioni che si discostano – consapevolmente e senza giustificazione – dai principi contabili, sussiste addirittura il reato di false comunicazioni sociali.

Ciò deve riflettersi giocoforza anche come responsabilità per colpa ex art. 2495 comma 2 cc con il principio di diritto ai sensi del quale l’omessa iscrizione nel bilancio finale di liquidazione di un debito costituisce violazione dei principi contabili OIC e, per questo, in re ipsa, anche responsabilità per colpa del liquidatore ex art. 2495 comma 2 cc.