Home   Articoli   Diritto Bancario   Liquidazione coatta amministrativa di Azienda Bancaria ed eventuale ritorno in bonis della Banca

Liquidazione coatta amministrativa di Azienda Bancaria ed eventuale ritorno in bonis della Banca

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA DI AZIENDA BANCARIA ED EVENTUALE RITORNO IN BONIS DELLA BANCA

Nel filone delle sentenze riguardanti le Banche Venete si inserisce la sentenza del Tribunale di Udine n° 443/2018 pubblicata il 10.04.2018 che decide su due questioni: la prima, relativa alla improcedibilità di una domanda risarcitoria in sede ordinaria nei confronti della procedura concorsuale anche per il caso di riassunzione del giudizio a seguito di interruzione per intervenuta dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa; la seconda, assolutamente nuova, relativa alla precostituzione di un titolo nei confronti della Banca in LCA per l’eventuale ritorno in bonis.

Riguardo alla prima questione il Tribunale ribadisce l’improcedibilità di un giudizio risarcitorio in sede ordinaria nei confronti di una Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa anche per il caso di riassunzione del processo dopo l’interruzione per intervenuta dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa in corso di giudizio. Per il Giudice udinese si tratta di un principio basilare delle procedure concorsuali che trova specifica disciplina, nella fattispecie, nell’art. 83 comma 3 del T.U.B.

Riguardo alla seconda questione il Tribunale, premessa la peculiarità e la delicatezza del problema, afferma l’ammissibilità dell’ipotesi di ritorno in bonis della Banca in LCA, ma, sul presupposto che il ritorno in bonis di una società è un’ipotesi possibile ma non necessaria (a differenza del ritorno in bonis di una persona fisica), ritiene che, nella particolare fattispecie, manchi un interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. per un accertamento e una condanna che potrebbero non diventare mai concretamente utilizzabili. Soccorrerebbero tale tesi i principi costituzionali del giusto processo e, in particolare, quello della ragionevole durata dei giudizi che “impediscono di impegnare l’autorità giudiziaria in attività volte a soddisfare interessi delle parti puramente ipotetici“.

LEGGI IL CONTENUTO DELLA SENTENZA