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La titolarità dell’azione di responsabilità verso gli amministratori di una società in concordato con cessione dei beni

LA TITOLARITÀ DELL’AZIONE DI RESPONSABILITÀ VERSO GLI AMMINISTRATORI DI UNA SOCIETÀ IN CONCORDATO CON CESSIONE DEI BENI

Con la sentenza non definitiva 2 dicembre 2020 il Tribunale di Venezia interviene su due questioni collegate fra loro dibattute in dottrina e giurisprudenza, e cioè a chi spetti la legittimazione ad agire con l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori in un concordato con cessione dei beni, e se tra i crediti ceduti alla procedura debba ricomprendersi, in assenza di espresso richiamo, anche l’eventuale importo derivante dall’esito vittorioso dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.

Si rinvengono sullo specifico problema tre sentenze, una del Tribunale di Bologna 16 agosto 2016 n. 2121 in www.ilcaso.it, una del Tribunale di Trento 10 giugno 2016 in www.ilsocietario.it e una del Tribunale di Firenze 3 ottobre 2019 in www.eclegal.it, tutte favorevoli alla tesi secondo la quale, pur in pendenza di concordato preventivo con cessione dei beni, la legittimazione ad agire spetta sempre e solamente alla società, visto che questa rappresenta il soggetto direttamente danneggiato dall’operato degli amministratori. Quanto alla titolarità del rapporto dedotto in giudizio, nell’ipotesi in cui la società sia stata ammessa ad un concordato preventivo con cessione dei beni, il Giudice di Bologna (al contrario del Giudice di Trento) ha ritenuto che si configura un trasferimento in capo al liquidatore dei soli poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni, con la conseguenza che il debitore cedente rimane titolare del diritto di esercitare le azioni a tutela del patrimonio e di resistervi. Per il Tribunale di Bologna, dunque, il debitore (la società, attraverso l’assemblea dei soci) mantiene il diritto di esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori al fine di tutelare il proprio patrimonio e una tale conclusione è pienamente conforme alla norma dell’art. 2394-bis c.c., che, infatti, si riferisce a procedure concorsuali diverse dal concordato preventivo e, dunque, non annovera tra i soggetti legittimati all’azione di responsabilità il liquidatore giudiziale. Il Tribunale di Firenze, da parte sua, ha dichiarato l’inammissibilità di una domanda formulata dal solo Liquidatore, per carenza di legittimazione attiva dei liquidatori giudiziali, specificando che laddove manchi nel piano concordatario la menzione, tra i diritti ceduti, del risarcimento connesso all’azione sociale di responsabilità contro gli ex amministratori, legittimazione attiva e diritto sull’eventuale importo liquidato rimane alla società.

La tesi avversa parte dal presupposto che se l’azione di responsabilità viene iniziata durante la procedura la legittimazione spetta sempre e comunque al Liquidatore, in quanto l’azione di responsabilità costituisce un cespite che deve essere dedotto nella procedura. La posta creditoria relativa all’azione di responsabilità dovrebbe pertanto ritenersi oggetto di cessione ai creditori, anche quando non prevista specificatamente. La circostanza che l’azione sia stata deliberata dall’assemblea dei soci consentirebbe inoltre di superare la questione inerente la necessità, o meno, della delibera assembleare nel caso di azione proposta dal liquidatore nell’ambito del concordato liquidatorio con cessione dei beni. La legittimazione del Liquidatore troverebbe poi conferma nell’art. 115 del D. Lgs. N. 14/2019 (codice della crisi): la norma, nell’ambito del concordato con cessione dei beni, ha espressamente attribuito al liquidatore la legittimazione a promuovere o a proseguire, se pendenti, le azioni di responsabilità nei confronti dell’organo amministrativo della società in concordato.

La tesi in linea con la giurisprudenza, invece, fa leva sull’art. 167 l. fall, il quale prevede espressamente che, nel corso della procedura di concordato preventivo, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, pur sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Si tratta di un aspetto estremamente rilevante, giacché, diversamente da quanto accade nell’ambito della procedura fallimentare, ove il debitore, a seguito della dichiarazione di fallimento, è immediatamente privato di qualsiasi potere gestorio e della legittimazione ad agire, sostanziale e processuale, nel concordato preventivo egli conserva la gestione dell’impresa, la proprietà dei beni e la titolarità dei crediti sociali. In caso di concordato liquidatorio, il liquidatore giudiziale subentra nei soli poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, in favore dei terzi creditori, dei soli beni e diritti menzionati nel piano concordatario (cfr. Cass. 28 luglio 2017, n. 18823; Cass. 12 maggio 2010, n. 11520; Cass. 4 maggio 2010, n. 10738). Ragion per cui il Liquidatore giudiziale non possiede la legittimazione ad agire ad esercitare le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei direttori generali della società in concordato né tantomeno il diritto ad acquisire il risultato dell’eventuali lite vittoriosa, poiché suddetto credito risarcitorio non può ritenersi naturalmente compreso tra i crediti ceduti, ancorché esplicitamente non menzionato, poiché nelle società di capitali la proposta e le condizioni del concordato sono deliberate dall’organo amministrativo, mentre il diritto ad esercitare l’azione sociale di responsabilità è un diritto esclusivo dei soci sul quale gli amministratori non hanno potere dispositivo.

Il Tribunale di Venezia sposa la tesi prevalente: “la procedura di concordato mediante la cessione dei beni ai creditori comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, con la conseguenza che il debitore cedente conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio, soprattutto dopo che sia intervenuta la sentenza di omologazione, per effetto della quale è da ritenere che venga meno il potere di gestione del commissario giudiziale, mentre quello del liquidatore è da intendere conferito nell’ambito del suo mandato e perciò limitato ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione. Sul punto, costante è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale, in più occasioni, ha avuto modo di precisare che “il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno spossessamento attenuato, in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento), l’amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all’esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita al liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione analoga a quella dettata dalla L.Fall., art. 43, per il fallimento” (cfr. da ultimo Cass. Civ. n. 33422/2019, che richiama, tra le altre, cass. Civ. n. 6201/2007).

Da ciò consegue che la legittimazione processuale del liquidatore non è connessa alla circostanza per cui la controversia abbia ad oggetto l’accertamento di una ragione di credito e la condanna al pagamento del correlativo debito, ancorché idonee ad influire sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, ma è ancorata e circoscritta al perimetro delle prerogative liquidatorie e distributive che fanno capo allo stesso e, quindi, ai rapporti che nel corso ed in funzione della liquidazione vengono in essere (cfr. Cass. n. 17606 del 2015; in senso conf., Cass. n. 14683 del 2017).

Il liquidatore non ha quindi alcun potere di verifica dell’esistenza e dell’esigibilità dei crediti, né di rappresentanza della massa dei creditori, ma ha il solo compito di realizzare i beni e di ripartire il ricavato, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione, fra tutti i creditori che siano stati indicati dal debitore nella domanda di ammissione al concordato e che non siano stati successivamente contestati nel corso della procedura.

La legittimazione ad agire e resistere in giudizio in relazione all’accertamento dei crediti o debiti della società resta dunque in capo alla società in concordato, essendo riconosciuta al liquidatore la sola facoltà di presentare intervento adesivo (cfr. in tal senso. Cass. Civ. n. 176067/2015; Cass. Civ. n. 18823/2017) ma non intervento autonomo e principale.”

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