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La responsabilità dell’avvocato nella presentazione della domanda di concordato preventivo

Parere

LA RESPONSABILITA’ DELL’AVVOCATO NELLA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI CONCORDATO PREVENTIVO

L’avvocato che assiste l’imprenditore nella presentazione della domanda di concordato preventivo è tenuto, in adempimento al mandato professionale ricevuto, a rilevare quelle criticità della proposta che ne possono compromettere l’esito oltre alla conformità della domanda di concordato al modello legale con riferimento alla sua fattibilità giuridica. L’inadempimento a detti obblighi, tra i quali vi è anche quello di dissuadere l’imprenditore dal presentare una domanda non conforme al modello giuridico, costituisce grave violazione non solo della diligenza e perizia qualificata e dei doveri di controllo e di coordinamento con gli altri professionisti e di informazione imposti dalla particolare diligenza qualificata ex art. 1176 2° comma c.c., ma anche dei doveri generali di diligenza ex art. 1218 c.c., se la domanda di concordato è accertata manifestamente e giuridicamente non fattibile.

La responsabilità professionale dell’avvocato nel concordato o meglio nella predisposizione e  presentazione di una domanda di concordato preventivo, infatti, esige un più elevato livello di tecnicismo, in quanto in detto incarico il professionista è tenuto ad “utilizzare tutte le cognizioni tecniche a propria disposizione per presentare una domanda completa, esaustiva e ineccepibile, conforme al tipo legale o in alternativa, dopo aver raccolto dalla propria cliente tutta la documentazione e le informazioni necessarie per poter accedere al beneficio” (Trib Monza sentenza 20.6.2019). Egli deve informare l’imprenditore in crisi delle criticità connesse alla soluzione scelta, rappresentandogli tutti i rischi e/o eventualmente dissuadendolo dal presentare la domanda per meri fini dilatori con aggravio di costi (così anche Tribunale Padova 1.6.2018). E’ stata, quindi, accertata la responsabilità del professionista in una procedura in cui: “..il commissario giudiziale, provvisoriamente nominato dal giudice delegato, aveva sin da subito rimarcato una serie di criticità del piano, successivamente riportate nel decreto di rigetto della domanda emanato dal tribunale, criticità non sanate nonostante- anche al di là di ogni ragionevolezza e del buon senso- la procedura sia rimasta in piedi all’incirca un anno” (Trib Monza sentenza 20.6.2019).

Peraltro l’avvocato è considerato figura prevalente nella preparazione della domanda concordataria, tanto che è stato affermato che, anche se in presenza di altri ausiliari, si presume suo “il ruolo di propulsore della procedura e di interlocutore tecnico fra l’imprenditore in crisi ed il Tribunale” (Trib. Bolzano, 14 luglio 2017), ruolo che “impone una diligente opera di coordinazione e di controllo sia dal punto di vista temporale (assicurando il rispetti dei termini procedurali) che di quello contenutistico, nel senso di una verifica (quantomeno sommaria) della conformità dell’opera di terzi rispetto al modello legale richiesto” (Trib. Bolzano, cit.), in relazione alla verifica della conformità al modello legale dell’attestazione e delle macroscopiche criticità ivi contenute e non “potrà esentarsi da responsabilità qualora non rilevi le difformità nel prodotto finale dallo standard di riferimento, secondo i parametri di una diligenza comunque “elevata” (cfr. Trib. Benevento, 23 aprile 2013). Ne consegue che l’avvocato che assiste l’impresa in crisi nella presentazione della domanda di concordato sarà tenuto a verificare la conformità alle linee guida di settore dei criteri di valutazione utilizzati dagli esperti estimatori, al fine di rilevare eventuali incongruenze ed illogicità nelle stime degli assets aziendali soprattutto se incidenti sulla stessa fattibilità giuridica del piano concordatario: “fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme inderogabili” (così Trib. Monza 10.03.2020 in linea con Cass. Civ. 1.2.2018 n. 4790).