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Circolare 2 (DIRITTO FINANZIARIO) / 1 del 06 marzo 2014

IL RIENTRO DEI CAPITALI DALL’ESTERO

La C.D VOLUNTARY DISCLOSURE

Non punibilità dell’evasione fiscale pregressa, divieto di sequestri conservativi sul patrimonio, sconti interessanti sulle sanzioni amministrative, pagamento integrale delle tasse evase. Sullo sfondo, e come condizione necessaria, una disclosure veritiera, completa e non “compulsata” dal già avvenuto avvio di attività ispettive, e infine l’ultima chance di ravvedersi comunque prima del 30 settembre 2016.

Sono queste le fondamenta giuridiche e il perimetro del provvedimento del Governo – molto probabilmente sarà un decreto legge dedicato – atteso per le prossime settimane in materia di rimpatrio dei capitali detenuti all’estero da contribuenti italiani e “non fiscalmente dichiarati” all’origine.

Che la via dei paradisi fiscali sia ai titoli di coda è ormai un fatto assodato, a partire dall’offensiva globale scatenata dagli Stati Uniti sul finire del decennio scorso (a cui importanti banche europee, svizzere in particolare, hanno pagato pesante dazio) passando per i programmi dell’Ocse e le iniziative del Gafi, dal Fatca americano appunto, fino alla decisione del Consiglio federale svizzero del 12 dicembre scorso di fissare la soglia di 200mila franchi per far scattare il reato di evasione fiscale e la conseguente assistenza amministrativa con il Paese danneggiato dai depositi “in nero”.

E così, in attesa che vadano a regime tutti gli accordi bilaterali sullo scambio automatico di informazioni – prevedibilmente per la fine del 2016, appunto – anche in Italia sta per scattare il piano “ultima chance” per riportare in patria le disponibilità sconosciute al fisco, evitando l’incriminazione penale e l’aggravio di pesantissime sanzioni.

Evasione fiscale “attenuata”    

Dal testo in elaborazione al Mef emerge chiara la volontà di incentivare l’emersione sgombrando il campo dai rischi di una collaborazione piena e totale con l’agenzia fiscale. Quindi la voluntary disclosure – sempre che sia veritiera e senza “lacune” – neutralizzerà i reati fiscali previsti dal Dlgs 74/2000 agli articoli 4 (dichiarazione infedele) e 5 (omessa presentazione della dichiarazione). Restano fuori dalla “sanatoria” però i fatti di frode fiscale (articoli 2 e 3, cioè l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o comunque altri “artifici” fraudolenti), fatti per i quali le pene vengono comunque ridotte fino alla metà. La voluntary, inoltre, impedisce alla Procura di sequestrare somme a garanzia del pagamento futuro dell’imposta evasa.

Tasse, pagamento integrale

Il presupposto per l’accesso alla disciplina di pacificazione con il Fisco resta comunque il pagamento integrale delle tasse evase. In questo la voluntary è cosa diversa rispetto ai tre Scudi del decennio scorso, che tra l’altro avevano garantito – almeno come condizione formale – l’anonimato del contribuente.

Sconto sulle sanzioni

Qui è il vero snodo della voluntary. Se il patrimonio assoggettato a imposizione proviene da Paesi che consentono lo scambio di informazioni con l’Italia, lo sconto sulle sanzioni può portare le penalità alla metà del minimo previsto dalla legge, in caso contrario invece lo sconto si fermerà al minimo edittale ridotto di un quarto.

Iniziativa spontanea

Il trattamento premiale, sia sul versante penale sia su quello delle sanzioni amministrative, è però subordinato alla spontaneità dell’adesione al programma di voluntary disclosure. Ciò significa che se il contribuente è già stato raggiunto da una qualsiasi attività di accertamento – probabilmente anche l’invio di un semplice questionario – non potrà più beneficiare degli sconti da compliance fiscale “non compulsata”. Se così fosse, il perimetro della “resipiscenza” nella voluntary sarebbe più stretto rispetto a quello del ravvedimento operoso previsto dal Dlgs 472/1997 all’articolo 13.