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Art. 119 TUB 4° comma: Il diritto del cliente ad avere dalla Banca copia della documentazione bancaria anche in corso di giudizio

Parere

ART. 119 TUB 4° COMMA: IL DIRITTO DEL CLIENTE AD AVERE DALLA BANCA COPIA DELLA DOCUMENTAZIONE BANCARIA ANCHE IN CORSO DI GIUDIZIO

La Cassazione civile, Sezione VI, con l’Ordinanza del 11 marzo 2020, n. 6975 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l’art. 119, comma 4, TUB, nell’ammettere il diritto del cliente di ottenere dalla banca copia dei documenti di contratto e di esecuzione dei rapporti bancari, non contempla nessuna limitazione che risulti in un qualche modo attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra Cliente e Banca.

La disposizione dell’art. 119 TUB si pone, infatti, tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza riconosce al Cliente. Non è, quindi, corretta una soluzione che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal Cliente nei confronti della Banca, ben potendo il Cliente accedere alla documentazione bancaria anche quando il potere venga esercitato, per la prima volta, durante il processo. L’esercizio del potere in questione non può essere subordinato al rispetto di determinare formalità espressive del cliente o di prescritte vesti documentali.

Il correntista può, dunque, chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto, non solo con l’esercizio dell’articolo 119 TUB 4° comma, ma anche in corso di causa e con l’utilizzo di qualunque strumento idoneo allo scopo, senza alcuna limitazione sostanziale o di forma, se non nel rispetto dei termini processuali. L’assenza di una domanda di accesso alla documentazione bancaria da parte del Cliente – ex art. 119 TUB, 4° comma – prima della proposizione del giudizio, non ha rilevanza sostanziale, avendo il cliente (o chi gli succeda, ex art. 119 TUB) pieno diritto di accesso alla documentazione in qualsiasi momento egli ritenga, e questo anche successivamente all’inizio del processo, con la sola limitazione temporale che l’istanza processuale (nella specie, ai sensi degli articoli 210 e 212 c.p.c.) sia portata prima della decadenza delle istanze istruttorie (e quindi entro i termini processuali di cui all’art. 183 c.p.c., 6° comma).

Non è previsto che la formulazione della richiesta, quale atto di effettivo esercizio di tale facoltà, debba rimanere affare riservato delle parti del relativo contratto o, comunque, essere non conoscibile dal giudice o non transitabile per lo stesso. Simili eventualità si tradurrebbero, in ogni caso, in appesantimenti dell’esercizio del potere del cliente: appesantimenti e intralci non previsti dalla legge e frontalmente contrari, altresì, alla funzione propria dell’istituto. Non può dunque risultare corretta una soluzione che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca; né tanto meno una soluzione che addirittura pretenda il completo decorso del termine stabilito dalla norma perché la banca consegni la documentazione contrattuale e contabile richiesta dal cliente. Simili ricostruzioni non risultano solo in netto contrasto con il tenore del testo di legge, ma trasformano uno strumento di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, in via indebita facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell’onere, così pure introducendo un’arbitraria limitazione dell’esercizio del diritto di azione.